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Calangianus, la capitale del Sughero

I sugheri! Vedo curiosi alberi sottili, simili a querce, sbucciate della corteccia all’attaccatura dei rami, d’un colore bruno ruggine che spicca bizzarramente tra il grigio azzurro pallore degli altri alberi. Mi fanno venire in mente i nudi aborigeni dal lucido corpo color caffè dei Mari del Sud.

 

(D.H. Lawrence - Mare e Sardegna)

Calangianus è un piccolo centro di 4.337 abitanti in cui l’attività principale è l’estrazione e la lavorazione del sughero. L’alto numero di aziende sugheriere, una ogni trenta abitanti, gli ha valso il titolo di “capitale italiana del sughero”.

 

Grazie all’intensa attività del paese, che insieme ad altri fanno parte del Distretto Industriale del Sughero, la Sardegna detiene il 70% dell’intera produzione italiana tradotto in 170.000 quintali di sughero che hanno fatto guadagnare al Belpaese il terzo posto nella classifica mondiale, con il 5.5%, subito dopo il Portogallo (52.5%) e la

Spagna (29,5%).

Ma cos’è il sughero? Non è altro che un insieme di cellule morte che si depositano nella corteccia dell’adulto della Quercus suber  che in Sardegna nasce e cresce spontaneamente. Solo nell’isola infatti, si possono contare 210.000 ettari di sugherete che ospitano il generoso albero. Il materiale che se ne ricava è ignifugo, impermeabile ai liquidi e al gas ma è anche un ottimo isolante acustico. Grazie alle sue proprietà è sempre in aumento la domanda proveniente dai settori della bioedilizia, calzaturiero e artigianale. Anche il mondo del design ormai ne fà richiesta e non a caso proprio in Sardegna, a Pula, si trova un artigiano-pellettiere, Davide Sessa, che con le sue abili mani riesce a dare vita ad eleganti creazioni tra cui borse, scarpe, tracolle e persino raffinatissimi giubbotti fatti interamente in sughero. In ogni caso, la principale cliente del settore sugheriero rimane l’industria del vino grazie alla forte richiesta di tappi: solo in Italia ne vengono prodotti circa 1.500.000.000 all’anno.

 

È regolato dalla Legge Regionale n. 4 del 9 febbraio 1994 che lo valorizza, lo promuove e lo tutela. Sono severe le sanzioni previste per l’abbattimento illegale delle piante o la recisione dei loro rami, operazione delicatissima che spetta agli scorzini, figure professionali specializzate per questo tipo di operazione e per cui spesso la Regione bandisce dei corsi di formazione specifici.   

 

I primi a capire l’importanza di Calangianus furono alcuni francesi che stabilendosi nel paese, durante il diciannovesimo secolo, riuscirono a commercializzare il prodotto garantendo così delle ricadute positive sul territorio. Solo nel 1938 però fu fondato il primo sugherificio, dalla famiglia Tamponi, ancora oggi grande colosso e modello industriale che ha formato tantissimi lavoratori alcuni dei quali, in seguito all’incendio scoppiato nel 1968 nell’opificio e pur di non lasciar morire la produzione del sughero, costituirono tante piccole imprese, centocinquantaquattro al giorno d’oggi.

 

Il piccolo centro, che dal 1987 rientra tra i cento comuni più industrializzati d’Italia, vanta anche l’unica scuola professionale in cui viene insegnata l’arte del sughero, dalla decortica all’artigianato. Il primo a insegnare la lavorazione artistica del materiale fu Tonino Forteleoni di cui è stata creata una casa-museo, gestita dal nipote Silverio Forteleoni, che ospita gli oggetti di sughero realizzati dall’artista. Nel cuore del paese è possibile visitare anche il Museo del Sughero, gestito dall'associazione culturale Contiamoci che propone dei laboratori didattici, dove sono esposti gli antichi macchinari e gli utensili per la lavorazione del sughero. Il museo è dotato di uno shop.

 

È ben noto negli ambienti apistici il bugno sardo ossia un’arnia di sughero dove la famiglia delle api costruisce naturalmente i propri favi saldandoli sia al tetto che alle pareti. Veniva utilizzato già dai nuragici i quali probabilmente utilizzavano il sughero come materiale per coibentare le capanne nuragiche. Attualmente il bugno è stato reintrodotto in apicoltura da molti giovani che stanno rispolverando le antiche usanze.

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