Visitando la Sardegna ci si rende immediatamente conto che è la pietra il filo conduttore dell’isola. Scisto, basalto, porfido, trachite, calcare e granito sono  sempre stati utilizzati dall’uomo per erigere grandi opere che hanno reso immortale le civiltà susseguitesi nel tempo e che ancora oggi sono la vera voce narrante della storia sarda.

A voler attraversare il territorio sardo in poche ore si ha come la sensazione di passeggiare avanti e indietro nel tempo. Non è difficile infatti balzare dalla preistoria delle domus de janas e delle tombe dei giganti all’epoca delle terme romane, per poi essere catapultati, solo a qualche chilometro di distanza, nuovamente nella preistoria dei pozzi sacri o all’epoca dei fenici dei quali la Sardegna custodisce due città quasi intatte: Tharros e Nora. Non mancano di certo testimonianze tangibili che risalgono all’epoca medievale rappresentate da castelli e torri difensive sparse lungo il territorio. Sempre con la  pietra è fatta l’unica  e inspiegabile ziqqurath d’Europa e in pietra arenaria sono i Giganti di Mont’e Prama, ultima scoperta archeologica risalente agli anni Ottanta ma valorizzate solo di recente. Anche i più recenti pinnetus - ripari dei pastori -, i muretti a secco, protagonisti di un doloroso capitolo della storia sarda e i muristenes, che popolano la Sardegna centrale, affidano alla pietra la propria storia.

A caratterizzare però la storia e il paesaggio sardo sono soprattutto le antichissime costruzioni ciclopiche uniche al mondo per tecnica costruttiva e per fisionomia: i nuraghi. I settemila edifici presenti sul territorio sono diventati l’emblema della Sardegna e ancora oggi esercitano il loro fascino su studiosi di ogni provenienza e di ogni disciplina che avanzano teorie sulla loro misteriosa funzione senza però riuscire a mettersi d’accordo del tutto.