La casa del poeta
Vi sono dei luoghi magici
che meritano di essere contemplati e rappresentano
un ponte fra il visibile e l’invisibile...
(Paulo - Coelho)
Esistono angoli della Sardegna che magicamente si trasformano in luoghi sacri, profondi e speciali. Succede a Torre dei Corsari, appartenente al Comune di Arbus, che deve il suo nome alla presenza di una torre di avvistamento costruita dagli spagnoli alla fine del XVI secolo.
Il luogo offre uno spettacolo mozzafiato che permette, da un lato di godere della vista e dei profumi ancestrali della macchia mediterranea composta da rosmarino, ginepri, lentischio e cisto e dall’altro, regala alla vista un meraviglioso panorama costituito da altissime dune che discendono fino al mare.
E' proprio in quest’angolo di paradiso che scoviamo un gioiello noto a tutti come “La casa del Poeta”.
Si tratta di un rifugio che vede come protagonisti un bellissimo ginepro secolare e la storia d'amore di Tziu Efisiu Sanna, ex minatore di Montevecchio, nonché poeta di Arbus, e della sua compagna Orlanda.
I due amanti solevano trascorrere tantissimo tempo all’ombra di questo peculiare ginepro il quale un giorno venne preso di mira da alcuni vandali che ne volevano fare legna da ardere. La minaccia imminente portò Efisio e Orlanda a cercare di impedirne l’abbattimento che gli aveva regalato, per tanto tempo, ombra, tranquillità e momenti speciali. Decisero così di trasformare il loro nido d'amore in una dimora fissa nella quale si trasferirono per circa dieci anni, sostentandosi di ciò che la Natura aveva da offrirgli.
La casa, dal pavimento di pietre di scisto, risultava bizzarra agli occhi di architetti e ingegneri i quali però incuriositi dalla sua architettura andavano a vederla. Il tetto venne ricavato dall’incrocio della chioma del ginepro con l’elicriso e quest’ultimo fu anche adoperato per creare sia gli archi che le finestre. Le decorazioni degli interni erano date dalle stesse poesie che Efisio Sanna scriveva e affiggeva in vari punti regalando al posto una certa sacralità e convertendolo in un luogo accogliente e pieno d’amore, lo stesso che univa Efisio ad Orlanda.
Numerosi furono i passanti che andavano a visitare i due coniugi e che spesso si trattenevano fino a notte fonda cantando e recitando con loro le poesie scritte dall’arburese.
Gli amanti però, con l’avanzare dell’età e delle crescenti difficoltà a cui andavano incontro, ben presto dovettero abbandonare il posto per ritornarci di rado. Ciò che accadde in seguito all’abbandono della casa fu davvero magico perché, durante la loro assenza, divenne uno spazio pronto ad accogliere le persone desiderose di godere di quella quiete agevolata da un panorama mozzafiato e da un silenzio disumano interrotto in alcuni giorni dal grido del vento e dai profumi ancestrali rilasciati dalla casa. Un luogo ideale per comporre poesie che spesso venivano lasciate lì e alle quali Efisio rispondeva con altri poemi tutte le volte che ritornava.
L’uomo del ginepro col tempo morì, tutti i componenti della casa piano piano vennero restituiti alla Natura, ma non svanì l’incantesimo né la poesia del luogo dati ancora oggi dal pavimento di scisto che resiste, il ginepro secolare, qualche legaccio di fil di ferro usato per ancorare i componenti, ma soprattutto le poesie che i visitatori continuano a lasciare per tenere ancora viva l’anima della Casa del Poeta.