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Argia (Malmignatta)

S’arza, sa pinta, sa tarantula, s’abiòlu,

s’iscopone mai non nde ida.

Deus li malaigat, chin tottu sas puppias malas,

chin tottu sas umbras de sa cussorza

 

(Detto popolare)

Conosciuta in Sardegna con il nome di àrgia o arza, si tratta della malmignatta (Latrodectus Tredecimguttatus) o “vedova nera mediterranea”. E’ un ragno velenoso diffuso nel centro e nel sud Italia.

La denominazione scientifica si riferisce alle tredici macchie rosse che la femmina espone sul corpo e che nascono come avvertimento contro i predatori per scoraggiarli da eventuali attacchi. Spesso confusa con una formica, la femmina arriva a misurare fino a quindici millimetri ed è più pericolosa del ragno maschio perché possiede i cheliceri, molto più robusti, che vengono usati per pungere la vittima. Il maschio solitamente vaga alla ricerca della femmina e viene mangiato da essa subito dopo l’accoppiamento.

Vive nella macchia mediterranea bassa, in zone aride e pietrose. Si ciba di scarafaggi ma viene depredato dalla vespa. Riesce a vivere fino a un anno e mezzo e costruisce delle tele molto resistenti e dalla forma irregolare su cui depone fino a 750 uova simili a dei pezzettini di carta. La loro crescita richiede fino a quattro mesi ma solo una parte di esse riesce a soppravvivere.

 

Nonostante il suo veleno sia quindici volte più potente di quello del serpente a sonagli oggi non rappresenta una vera minaccia per un adulto sano mentre è considerato pericoloso per i soggetti più deboli fisicamente come bambini, anziani o malati. In ogni caso dagli anni ottanta, i presunti casi mortali registrati sono stati solamente quattro in tutta Italia. Gli effetti del veleno che provocano sudorazione, nausea, febbre, mal di testa, crampi addominali e svenimenti, possono essere attenuati applicando del ghiaccio sulla puntura anche se è consigliato vivamente di rivolgersi immediatamente al medico. 

 

Dall’ultima ricerca, condotta da alcuni studiosi svizzeri, risultava che questi aracnidi si fossero estinti in Sardegna mentre recentemente gli zoologi dell’Università degli Studi di Cagliari e alcuni agenti del Corpo forestale ne hanno individuato decine di esemplari nell’isola di Mal di Ventre, nel Monte Arci e nelle campagne di Santa Giusta.

 

Anticamente, si pensava che la puntura dell’argia causasse una possessione da parte del demonio per cui veniva fatto un vero e proprio rituale chiamato su ballu ‘e s’arza al quale tutto il paese partecipava per cercare di esorcizzare la vittima. Venne praticato fino agli anni cinquanta e attualmente è oggetto di interesse da parte di musicologi perché il tutto si svolgeva a suon di musica.

L'àrgia femmina è molto più pericolosa del maschio. Il suo veleno è quindici volte più potente di quello del serpente a sonagli...

Fonti:

Caredda G. Paolo, Le tradizioni popolari della Sardegna, Editrice Archivio Fotografico Sardo, Sassari, 1993

Clara Gallini, I rituali dell'Argia,

amicomario.blogspot.it

sandiniapost.it

Su ballu e s’arza di Serafino Deriu

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