E io pago in Sardex!
Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo,
allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno.
Ma se tu hai un'idea, e io ho un'idea,
e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.
(George Bernard Shaw)
È di Serramanna la start up fondatrice del Sardex, un sistema monetario complementare all’euro esistente in Sardegna. Non si tratta solo di una moneta supplementare ma comprende un intero circuito a cui appartengono le aziende dell’isola che si possono finanziare reciprocamente.
Ma come funziona il Sardex? Un’azienda si iscrive al circuito pagando una quota d’ingresso. Le viene assegnato un conto pari a zero che creerà un debito solo nel momento stesso in cui acquisterà dei beni o
dei servizi da altre imprese del circuito, oppure potrà vantare dei crediti se altre aziende, professionisti o associazioni decideranno di acquistare ciò che offre. Impossibile definirla un baratto in quanto non ha valenza bilaterale: un’impresa non deve necessariamente acquistare da chi gli vende qualcosa. Inoltre, il circuito è molto di più che una banca del tempo proprio perché, a differenza di questa, possiede una moneta propria ed è obbligatorio rilasciare una regolare fattura. Un sardex equivale a un euro ma non è di fatto convertibile né spendibile al di fuori del sistema.
L’idea di Sardex nacque nel 2007 ma prese vita due anni dopo. A fondarla sono stati cinque ragazzi di Serramanna che dopo una formazione all’estero hanno deciso di creare qualcosa che aiutasse la Sardegna entrata in una profonda crisi nel 2009. Il modello si ispirò al quello svizzero del WIR, comparso nel 1934, dopo la Grande Depressione, ma presenta tante diversità e molte novità che rendono il circuito unico. Il punto che lo differenzia è la filosofia di vita. Il motore è affidato alle relazioni umane che costituiscono una rete solida di scambi. Per spiegare il circuito i suoi fondatori amano usare la metafora dei nuraghi che anticamente fa costituivano un solidissimo sistema economico e di comunicazione: pare che da un nuraghe se ne vedessero almeno altri due e con essi riuscivano a comunicare con fuochi e luci. Così è diventato Sardex, tremila anni dopo e con un po’ di tecnologia in più, un network in cui le aziende possono dialogare tra loro facendo circolare l’economia che diversamente rimaarrebbe paralizzata per mancanza di liquidità. Il cuore della società è la fiducia che permette all’azienda di andare anche in rosso, ovviamente non superando un certo limite prestabilito.
Il sistema non si sostituisce alla moneta corrente ma circola in parallelo. Tantomeno si sostituisce alla fiscalità corrente perché le tasse e le imposte devono essere pagate in euro così come l’emissione della fattura deve riportare l’ammontare nella moneta unica. Permette però di far tirare un sospiro di sollievo alle aziende che si trovano a dover far fronte a situazioni drammatiche e a poter usufruire dei servizi a cui diversamente non potrebbe accedere. Qualcuno ha chiesto anche un anticipo del TFR al proprio datore di lavoro da spendere all’interno del circuito e gli è stato concesso.
In soli cinque anni Sardex è riuscita a far parte delle 28 startup italiane al di sopra del milione di euro riuscendo a moltiplicare in pochissimi anni i suoi numeri: dalle 250 imprese iscritte nel 2010 si è arrivati ad avere più di tremila iscritti nel 2015 tra cui Tiscali e L’Unione Sarda. I crediti transati dentro il circuito da centomila sono diventati cinquanta milioni e la moneta ha preso vita in altre sette regioni italiane (Venex in Veneto, Piemex in Piemonte, Liberex in Emilia Romagna, Marchex in Marche, Tibex in Lazio, Samex nella zona del Sannio e Sicanex in Sicilia).