top of page
Ovodda, viaggio tra fantasy e feste proibite

Pagu connosco de Ovodda sa ‘idda,

isco dae zente de bonu cussideru

chi sas fainas sun bonas de aberu

e gioventura profumat che armidda.

 

(Rino Cambiganu - Ovodda)

Ovodda è un piccolo paese di 1.625 abitanti situato a poca distanza dal Gennargentu.

 

È rinomato per il suo Carnevale perché è l'unico paese in cui si celebra su me'uris de lessìa (il mercoledì delle Ceneri) che secondo i rituali cattolici precede la prima domenica di quaresima pertanto bandisce qualsiasi tipo di festeggiamento. Tanti sono stati gli uomini di chiesa che con il tempo hanno cercato di vietare i festeggiamenti del "giorno probito" m senza ottenere

grandi risultati suscitando anzi l’ira della comunità. Si tratta di un'usanza anteriore ai rituali cattolici che con il tempo è stata attribuita all'uccisione di un tale Don Conte Forru, prete feudatario che, installatosi nel paese, riuscì a soggiogare l'intera comunità per vari anni. Secondo quanto si narra, dopo innumerevoli sopprusi, il tiranno fu giustiziato, bruciato e lanciato dal ponte che si trova all'ingresso del paese e dove ancora oggi, ogni anno, si ripete il rituale con un fantoccio che lo raffigura e che viene rappresentato con una pancia grossa fatta di stracci, una faccia di cartapesta e sughero e un accentuatissimo organo maschile. Il buffo personaggio, sorretto da un’altissima struttura di ferro collocata in un carro, viene trainato da un’asinello per la via principale del paese e viene seguito da sos Intintos, uomini vestiti con abiti vecchi e col volto annerito dalla polvere ottenuta da su zinziveddu (il sughero bruciato), usato anche dagli Intinghidores che pitturano la faccia di coloro che incontrano per strada. Durante il corteo Don Conte verrà continuamente denigrato e sbeffeggiato dalle tre del pomeriggio fino al tramonto momento in cui sarà bruciato e, ancora in fiamme, gettato dal ponte.

 

Un rituale che possiede l’eco del geronticidio, uccisione dei genitori che, anticamente, una volta raggiunti i settant’anni di età, venivano buttati dal dirupo del Monte di Lopene, appartenente al territorio di Ovodda il quale offre delle ottime opportunità anche per gli amanti del trekking e della mountain bike. Tantissimi infatti sono gli itinerari che si possono percorrere nei generosi boschi barbaricini in cui non è difficile incappare negli innumerevoli monumenti archeologici rappresentati da nuraghi, menhir, tombe dei giganti e domus de janas.

 

Una visita speciale merita il Villaggio disabitato del Taloro, a qualche chilometro dall’abitato, che venne abbandonato sul finire degli anni Ottanta e dove ancora oggi si possono apprezzare i ruderi delle abitazioni, la scuola, la chiesa e il cinema degli operai dell’Enel che vi lavoravano un tempo. Posto sulle rive del lago Cucchinadorza, è ormai diventata una meta privilegiata dei motociclisti ma anche di trekker che vogliono fare una camminata non impegnativa. Attualmente gestito dal Consorzio BIM Taloro ogni anno, in primavera, apre le porte all’iniziativa dell’Enel Centrali Aperte dove gli utenti possono visitare gli impianti gestiti dalla Compagnia Elettrica e scoprire così i progetti in atto.

 

Gli amanti dell’arte kitsch possono trovare un intrattenimento molto gradito nella Casa-Museo Cuccui che si trova all’interno di un imponente palazzo del 1800. Le trenta stanze che lo compongono lasceranno il visitatore di stucco e gli faranno compiere un viaggio a metà strada tra l’onico e il fantasy. Oggetti e colori accesi faranno pensare di essere ora in un film della Walt Disney ora dentro uno dei tanti surreali di Almodóvar. Realtà e fantasia si contendono il trono e l’occhio non sa più dove poggiarsi tanta è la ricchezza offerta dalla singolare collezione. I continui contrasti tra religioso e pagano - dati da oggetti della cultura cattolica mescolati ad altri dissacratori - i monili kitsch accostati a sculture antiche di grande valore e ad arnesi della tradizione agro-pastorale, lasciano stordito il visitatore che sottoposto a un continuo bombardamento visivo, olfattivo e uditivo diventa lo spettatore attivo di un’opera in cui il personaggio principale è la stessa artista, Tonina Cuccui, che descrive dettagliatamente ogni oggetto che ha fatto la storia: la sua storia. Genialità è la parola d’ordine usata per l’artista che, riuscendo a inventarsi uno stile proprio, ogni anno cattura migliaia di visitatori.  Ribattezzata “Lady Marmalade”, è stata soggetto del fotografo Pietro Paolo Pinna che in quindici gigantografie, esposte prima al MAN di Nuoro e poi presso la Galleria One Piece Art di Roma, l’ha ritratta in varie pose  giocando con tanta ironia e un pizzico di irriverenza. 

 

Non è raro trovare, all’interno del museo, i murales di Pinuccio Cuccui, fratello della particolarissima artista. Noto in tutta la Sardegna per i suoi quadri, predilige i ritratti e paesaggi spesso innevati. Ha prodotto nel tempo migliaia di quadri, molti dei quali sono stati premiati ricevendo menzioni speciali da parte di critici d’arte di una certa nomea. Artista ricercato è noto anche per i suoi splendidi murales il più importante quello che raffigura una scena di campagna e che si trova all’interno del  “Museo a Cielo Aperto”, in località S’Istracca, che offre un interessantissimo materiale antropologico, ogni anno è meta di peregrinaggio da parte di architetti e turisti stranieri che rimangono affascinati sia dal luogo che dal suo ideatore. Antonio Soru - in arte Tony – ha dedicato un’intera vita a questo progetto che presto diverrà un museo e che attualmente ospita un antico pinnettu, un cuile, una casa con gli attrezzi tipici del pastore e dei bei percorsi verso il fiume. Ma la vera perla è rappresentata dall’esteso villaggio in miniatura che ripropone usanze, arti e mestieri dell’antico borgo di Ovodda. Nel piccolo villaggio riprodotto non mancano di certo la miniera, il mulino ad acqua, la vecchia gualchiera e le case tipiche di granito di cui è ricchissima la zona, un materiale che, ancora oggi da tre generazioni, viene lavorato dalla Marras Graniti che realizza opere di arredo urbano, mosaici, cordoli stradali, rivestimenti esterni ed interni di abitazioni e complementi d’arredo e altre lavorazioni particolari.

 

Ovodda ci stupisce anche a tavola! Il piatto tipico del paese è il pitzudu. Riconosciuto come prodotto Dop, viene servito come primo o come secondo, da non confondere con la seada che invece è un dolce.

 

Considerato anche “Città del pane”, il paese mantiene viva una tradizione secolare basata soprattutto sulla produzione del carasau, pane che proviene dalla tradizione agro-pastorale, che soddisfa il fabbisogno di gran parte della Sardegna e della domanda esterna. Una vera eccellenza è rappresentata dal panificio di Gianni Bua il cui pane viene prodotto con farina di grano duro sardo e viene macinato nell'antichissimo mulino di loro proprietà. Il panificio ha il primato sardo nell'esportazione del carasau all'estero.

 

Anche il settore caseario ovoddese ha conquistato, nel 2015, il primo premio nella “Rassegna Franciacorta” promossa in Lombardia. Si tratta del Formaggio Mi^nari prodotto nel Caseificio Alessandro Marongiu.

 

Il Frore de mendula è un altro prodotto tipico locale. Conosciuto anche con il nome di “fruttino” è un dolce a base di mandorle. Si tratta di vere e proprie sculture in miniatura che rappresentano tutti i frutti (castagne, pesche, fichi etc). Sono fatti artigianalmente e richiedono un duro impegno sia nella preparazione che nella presentazione. Infatti, una volta scolpiti con grande precisione, vengono pitturati a mano. Ben lo sa il Dolcificio Frores de Mendula l'unico a dedicarsi a questo tipo di attività che riesce a decorare le tavole sarde.

bottom of page