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Il miele: il nettare degli dèi

Chi vuole il miele

deve avere il coraggio

di affrontare le api...

 

(Proverbio africano)

Unico dolcificante della storia, prima ancora della comparsa dello zucchero, il miele ha fatto parte dell’alimentazione dell’uomo fin dalla notte dei tempi.

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Grazie a reperti fossili sappiamo oggi che l’Apis mellifera – l’unica ape a regalarci il “cibo degli dei”, così definito dai Greci - esiste sulla terra da ben quattro milioni di anni. Le arnie più antiche mai ritrovate sono però più recenti: risalgono al VI millennio a.C. mentre il miele più antico del mondo - rinvenuto presso una tomba egizia dall’archeologo T.M. Davies - è datato 3.300 a.C. ed è ancora

perfettamente commestibile.

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In Sardegna, le prime testimonianze del dolce alimento risalgono al VIII secolo a.C. quando, insieme a cereali e legname, veniva barattato dai Fenici con altri prodotti. Furono però i Romani – insediatisi nell’isola nel 238 a.C. – a rafforzarne il suo prestigio come testimoniano in particolar modo Ovidio e Livio che parlano di “un’apicoltura sarda tenuta in gran conto”. La testimonianza più significativa però si deve al bronzetto del II – III secolo d.C., rinvenuto a Oliena durante l’Ottocento, raffigurante Aristeo con cinque api sul corpo. La statuina di bronzo che oggi si può apprezzare al Museo Archeologico di Cagliari è il chiaro esempio dell’adorazione del dio greco, il primo, secondo la leggenda, ad aver prodotto il miele. Chi non utilizzò toni troppo generosi, durante l’epoca romana, fu Cicerone che, nel 54 a.C., in un'orazione di difesa a Scauro - accusato di aver fatto uccidere un ricco cittadino di Nora -, scrisse tutto ciò che la Sardegna produce, uomini e cose, sono brutte. Anche il miele che abbonda in quell’isola è amaro. Probabilmente il disprezzo del giurista verso il popolo sardo e il miele prodotto nell’isola era un bluff per cercare di convincere la giuria a scagionare il suo cliente.

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Il “miele amaro” di cui parlava Cicerone quasi sicuramente si riferiva al miele di corbezzolo corteggiato oggi dai migliori chef per la creazione di piatti elaboratissimi e prodotto quasi esclusivamente in Sardegna in copiosa quantità per via della forte presenza sul territorio dell’Arbutus unedo. Questo pregiatissimo miele, piacevolmente amaro, rappresenta una vera e propria rarità dato che, oltre a possedere proprietà comuni a tutti i tipi di miele, è un ottimo antiasmatico, antisettico delle vie urinarie, antinfiammatorio ed è ricercato per le sue funzioni depurative e astringenti. In particolar modo, è indicato per bronchiti, influenza e febbre. Si distingue dagli altri perché cristallizza molto rapidamente e insieme a quello di cardo, mirto, cisto e asfodelo - tutti arbusti appartenenti alla macchia mediterranea – sono i più venduti in Sardegna.

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Da Medioevo al Novecento la grande svolta del miele!

È al Medioevo che si deve la maggior diffusione dell’”oro giallo” e quello della cera d’api tanto che Eleonora d’Arborea nel XXXI capitolo della Carta de Logu imponeva severe sanzioni per il furto di alveari stabilendo una pena pecuniaria pari a cinque volte il danno subìto se arrecato a Chiesa o a privati e dieci volte tanto se procurato ai danni della Corona. Nel caso in cui il ladro non potesse pagare la sanzione gli veniva tagliata un’orecchia.

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Viene spesso nominato anche nei Condaghes, libri di cronaca redatti nei secoli XII e XIII, in cui si trovano interessanti riferimenti alle api e ai loro prodotti ma anche a molti cognomi sardi – i più comuni Abis (api) e Mele (miele) - e a toponimi di terre permutate o vendute - Bacu Abis, valle delle api, è spesso presente nella toponomastica sarda. Ales, il paese che ha dato i natali ad Antonio Gramsci, originariamente si chiamava Villa d’Abes e da questo si può intuire il grande patrimonio apistico che la zona possedeva.   

Un curioso volume del 1700, intitolato Pharmacopea Sardoa, riporta delle utili preparazioni medicamentose alcune addirittura a base di api tritate, miele e altri ingredienti.

Anche lo storico Vittorio Angius, nell’Ottocento, parla a lungo del miele barattato dai poveri con del vestiario o venduto per fare il torrone che, specie nelle sagre, si consumava a quintali.

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Fu però il secolo scorso a vedere un grande cambiamento nel mondo apistico grazie al francese Benvenuto Dol e a un tale Diana di Perfugas che diffusero l’uso dei favi mobili. Il nuovo sistema - meno invasivo per le api e più produttivo rispetto al passato - diede un maggior impulso per l’allevamento delle instancabili lavoratrici stimolando anche le Istituzioni che, sempre più attente, promulgavano leggi specifiche per la loro protezione ed elargivano generosi incentivi per la produzione del miele. Un bel fermento, nella seconda metà del Novecento, che vide nascere cooperative provinciali di apicoltori ancora oggi esistenti. Non mancarono purtroppo in quel periodo gravi episodi di perdite dei laboriosi insetti causati prima dal DDT (1946 – 1950) - utilizzato dall’uomo per contrastare il problema della malaria – e successivamente dalla comparsa in Europa del parassita Varroa Jacobsoni che distrusse totalmente gli apiari rustici e decimò molti allevamenti razionali. Ancora oggi rappresenta il nemico numero uno delle api!

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Nonostante i vari problemi relativi all’allevamento però la produzione del miele in Sardegna è veramente fiorente. Si riesce a soddisfare a malapena il 48% del fabbisogno interno. Strano ma vero! Pare chiaro l’annuncio: AAA cercasi apicoltori urgentemente. Si tratta infatti di un prodotto richiestissimo sia dal mercato locale - grazie alla grossa produzione di Torrone - che da quello estero.

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Miele, rituali, credenze e un po’ di scaramanzia...

Anticamente chi voleva iniziare ad allevare delle api, in Sardegna, lo doveva fare tassativamente con tre alveari: uno comprato, uno regalato e uno rubato. Il “furto rituale” doveva essere compiuto “ai danni” di un compare de fide (padrino di battesimo o di cresima) al quale bisognava lasciare una moneta simbolica al posto del bugno – l’antico alveare ricavato dal sughero - ed entro l’anno ci si doveva autoaccusare. Non tutti però erano disposti a rubare una famiglia di api men che meno coloro che non avevano dimestichezza con questi animali. In quel caso, si procedeva con una richiesta di peddes - colonie a cui era già

stato tolto il miele – che molti erano disposti a regalare per evitare che parte delle api, trovandosi senza miele, morissero di fame o scappassero.

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È dal mondo del Cattolicesimo che proviene il segno della croce fatta prima sulla fronte dell’allevatore e poi davanti all’apiario, passaggio obbligatorio per evitare che si subissero delle sciagure. Molte delle espressioni, ancora oggi in uso, chiamano in causa Dio come se da lui dipendesse il buon esito del raccolto.

Era considerato un gravissimo peccato maledire le api, così come qualsiasi altro animale in Sardegna, e se capitava di essere punti da esse rappresentava una vera fortuna perché il veleno era ritenuto un ottimo antidoto contro i dolori articolari dovuti all’età. Per superare il dolore della puntura veniva posta sulla ferita la lama del coltello oppure veniva strofinato un oggetto d’oro o un’erba comune. 

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La smelatura, la raccolta del miele, non avveniva in un giorno qualsiasi ma in una data specifica: il 24 di giugno, la festa di San Giovanni, perché i favi erano stracolmi di miele e le fioriture oramai non erano più produttive.    

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Il miele veniva regalato in caso di nascita; i pezzi migliori dei favi venivano donati alle persone di gran conto ma anche ai bambini; in alcuni paesi rappresentava il primo regalo di fidanzamento e inoltre andava dato alla gestante che avvertisse delle voglie per evitare gli influssi negativi sul bambino. Anche in caso di morte veniva regalato e in alcuni paesi non mancava mai sulla tavola preparata per i defunti, il giorno di su mottu mottu.   

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Le api andavano osservate attentamente. Quando uno sciame abbandonava per ben due volte il bugno significava che aveva il malocchio quindi bisognava fare una “legatura” apponendo un filo nell’alveare che avrebbe sciolto il maleficio e legato per sempre le api al suo proprietario. In periodo di sciamatura l’apicoltore cercava di comunicare con l’ape attraverso dei piccoli gesti: lasciava dei mazzetti di fiori all’entrata dei bugni che simbolizzavano un invito a entrare nella nuova dimora.

Uccidere le api o rubare alveari - a meno che non si trattasse di un furto rituale - portava sventura.

A seconda del paese della Sardegna, sognare delle api non era un buon segno perché poteva significare liti, calunnie o anche lutti in famiglia. Una puntura d’ape, in alcune zone significava un pettegolezzo. In altri paesi, sognare del miele portava invece buone notizie.

Gli apicoltori più attenti inoltre hanno notato una strana relazione tra api e astri. Pare infatti che uno sciame non abbandoni mai l’alveare se il sole non ha raggiunto un quarto nell’arco celeste mentre il risveglio delle colonie - specie quelle del sud dell’isola - inizia con la luna di gennaio. È affascinante scoprire inoltre come gli sciami posizionati in rifugi naturali abbiano quasi tutti l’ingresso orientato a sud o a sud- est. Una strana coincidenza con l’orientamento dei nuraghi?

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La guglia della dolcezza...

Il miele veniva spesso nominato nei contos de foghile. La leggenda più famosa narra che a Perda Liana - il tacco calcareo più alto della Sardegna - alcuni pastori scoprirono un ruscello di miele dal quale, prima del rientro a casa dopo la transumanza, riempivano i loro secchi per farne dono alle loro famiglie. Secondo la credenza popolare la guglia conteneva dei favi che, sciolti al sole, formavano il prezioso fiumiciattolo. Si attribuiva tale dono alle janas - esseri magici – qualcun altro pensava invece fosse opera del diavolo che chiedeva alle persone la loro anima in cambio del prezioso. Talmente era radicata la credenza che ancora oggi nella lingua sarda sopravvive il detto A chie cheret andare a sa Perda liana, si si bolet intregare su chi cheret li dana! (a chi vuole andare a Perda Liana, se vuole consegnare l’anima, gli donano ciò che desidera).

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Il miele nella cucina sarda 365 giorni all’anno!

Antichi usi e costumi che includono il miele li ritroviamo in Sardegna durante tutto l’anno. Il 17 gennaio, per la festa di sant’Antoni e su fogu, viene preparato su pistiddi, un dolce sardo offerto agli ospiti. A febbraio, il mese del Carnevale, si preparano le deliziosissime cattas. La Settimana Santa vede il prezioso alimento dentro le casadinas o come aggiunta alle seadas per addolcirne il sapore. Da aprile ad agosto ogni occasione è buona per assaporarlo con del formaggio fresco e del pane carasau. Il giorno della marchiatura dei vitelli o della tosatura, dato che molti sono erbegaxius (pastori di pecore e api), è consuetudine negli ovili arrostire delle perette di formaggio e cospargerle di miele. A ferragosto è invece d’obbligo assaporare la dissetante aranzada ottenuta da miele, buccia d’arancia e mandorle tostate. Le festività dedicate ai santi e ai morti, i primi giorni di novembre, ci deliziano il palato con i pabassinos, dolcetti che contengono anche abbamele, mandorle, noci e uva passa. E come non brindare a dicembre con un liquore di miele? Imprescindibile ingrediente del torrone, presente ad ogni sagra isolana, si usa anche come condimento degli ciusoni - gli gnocchi della Gallura - o nell’impasto dei rujoli, palline fritte di formaggio fresco.

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Colazione del bandito? Sì, grazie!

Esiste un detto in lingua sarda At fattu s’ismurzu de su bandidu (ha fatto la colazione del bandito) per indicare che si è mangiato pane con casada (latte colostro che scaldato diventa una sorta di crema saporita e nutriente) oppure agnello o maialetto con del miele. L’espressione, molto probabilmente, risale al periodo del banditismo in Sardegna quando non era un fatto inconsueto ospitare i banditi nelle proprie campagne e offrirgli il prelibato piatto che, arricchito di miele, faceva perdurare la sensazione di sazietà permettendogli di proseguire il loro cammino senza sentire fame. Ancora oggi, la carne con il miele resta una leccornia consumata durante le grandi occasioni e una leggenda vuole che - combinato con altri ingredienti - sia il segreto della longevità sarda: Mandicare petta Bùbula abis-abis chin mele puzoninu e facher s’amore a tempus e a misura zusta. (Mangiare carne vaccina al sangue con miele di sciame e far l’amore al giusto tempo e con intelligenza).

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E non poteva mancare in Sardegna la festa dedicata al miele che vede ogni anno espositori e appassionati riuniti in un'interessatissima "due giorni" da ventitré anni a questa parte. La Sagra del Miele che puntualmente si tiene nel borgo minerario di Montevecchio, oltre a contare con la presenza delle sessanta varietà di miele prodotto in Sardegna offre interessanti convegni tenuti da esperti.

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Il miele continua inoltre ad essere argomento gettonatissimo dei libri di narrativa, ben lo sa l'autrice sarda Cristina Caboni che ad esso ha dedicato il best seller La custode del miele e delle api"La custode del miele e delle api" conquistando la vetta delle classifiche italiane e straniere.

La medicina naturale riconosce le infinite proprietà terapeutiche del miele, così come degli altri prodotti apistici, principalmente quelle antibiotiche, antibatteriche e ricostituenti. A seconda del tipo di miele variano alcune proprietà curative: molti svolgono una funzione lassativa, altri sono consigliati contro il colesterolo e alcuni addirittura prevengono l’insonnia!

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Insomma, una vera miniera d’oro dal punto di vista medico e alimentare ma non solo! Le api rappresentano un anello

mportantissimo del nostro ecosistema. Da esse dipende il 35% della produzione del cibo mondiale e per questo sono oggi tutelate e protette da una serie di leggi europee, nazionali e regionali. La legge specifica dell’apicoltura in Sardegna è la L.R. n. 30 del 17-12-1985 ma è soprattutto l’EFSA, l’agenzia europea che protegge consumatori, animali e ambiente a svolgere un controllo determinante nel panorama europeo anche se si spera che in futuro non siano organi istituzionali a rivestire tale ruolo ma la coscienza dell’essere umano!

Nell'Ottocento fu ritrovato un bronzetto del II- III d.C. raffigurante Aristeo con cinque api sul petto.

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Il miele era sempre presente nei contos de foghile, i racconti che venivano narrati ai bambini davanti al fuoco...

Gocce di Cera D'Api Grezza 100gGocce di cera d'api 

Gli altri prodotti delle api

Cera d'api, propoli e polline sono solo alcuni dei tanti prodotti creati dalle api. Molti di essi venivano - e sono ancora - utilizzati per scopi curativi.

Persino il ricercatissimo veleno delle api viene utilizzato dall'uomo per curare affezioni reumatiche e neurologiche...

I dolci sardi

Il miele è presente nella gastronomia sarda, in particolar modo nei dolci, probabilmente perché anticamente veniva utilizzato come dolcificante...

Fonti:

Barreca Francesco, La Sardegna fenicia e punica, Chirella, Sassari, 1974 (pag. 170)

Cadeddu Francesco, L'ape mellifera, Pubblistampa Edizioni, Valsugana, 2012; 

Spiggia Serafino, Le api nella tradizione popolare della Sardegna, Carlo Delfino Editore, Sassari, 1997.

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